G. Roncaglia, L’età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale, Laterza, 2020, pp. XI-268
Francesca Marinelli
Professoressa associata di Diritto del lavoro
Università degli Studi di Milano Statale
Nonostante la rete e l’infinità di risorse che la tecnologia mette oggi a disposizione, il manuale può ancora dirsi strumento principe (e insostituibile) per l’apprendimento o, al contrario, deve ritenersi un attrezzo oramai superato in quanto incapace di raccogliere le sfide della “multicodicalità digitale”?
Questa è, tra le numerose questioni affrontate, la domanda più interessante a cui il volume cerca di dare risposta. La posizione di Roncaglia è, ad avviso di chi scrive, molto convincente: cartaceo o digitale che sia, i libri di testo appaiono ancora oggi un insuperabile strumento di organizzazione dei contenuti dell’apprendimento per almeno tre ragioni legate, tutte, alla loro precipua caratteristica e, cioè, l’essere dotati di una struttura complessa, organizzata e articolata. Essi, infatti, grazie a siffatta struttura, sono in grado di fornire sia ai discenti che ai docenti almeno tre vantaggi impareggiabili e, cioè, l’essere: in primis, un punto di riferimento sicuro e validato; in secundis un filo conduttore del percorso formativo; in ultimo uno standard comune di formazione.
Se dunque optassimo per il superamento del libro di testo come strumento di apprendimento quali rischi potremmo correre?
Se è vero che il compito della formazione è quello di fornire gli strumenti – concettuali, metodologici e operativi – necessari per comprendere e affrontare la realtà in tutta la sua complessità, e che la forza del libro di testo è la capacità di organizzare e strutturare contenuti complessi, il superamento del libro di testo come strumento principale di apprendimento porterebbe inevitabilmente, secondo l’Autore, ad una frammentazione delle pratiche didattiche, con conseguente impoverimento dell’azione formativa.