R. Bin, Come ragionano i giuristi (e come imparare a farlo). Casi, racconti e qualche consiglio, Giuffrè, Milano, 2024, pp. XII – 124
Marco Novella
Professore ordinario di Diritto del lavoro.
Università degli Studi di Genova
Può un libro espressamente dedicato agli studenti (soprattutto ai potenziali studenti) di giurisprudenza interessare anche chi la didattica del diritto è tenuto a praticarla professionalmente nelle aule universitarie? La risposta è positiva se, come nel caso del volume di Roberto Bin, il libro si prefigge di indagare sul modo di ragionare dei giuristi.
Per spiegare come ragionano i giuristi l’Autore utilizza esempi e racconti. Partendo da fatti e vicende narrate, il lettore incontra il problema da risolvere, e le risorse giuridiche che consentono di risolverlo. Se letto attraverso le lenti del docente, il libro è, implicitamente, anche un libro sulla didattica del diritto. Non solo perché la tecnica utilizzata, quella della narrazione, è una delle molte tecniche didattiche adottabili, ma anche perché proprio il principale argomento trattato (come ragionano i giuristi) appalesa un elementare, ma fondamentale, insegnamento sulla didattica del diritto: chi insegna diritto deve ragionare come un giurista. Non è chiamato a dimostrare, ma a mostrare, attraverso l’argomentazione, come si sostiene una tesi, come si sottopone a critica un’altra tesi, come si giunge a convincere che una certa soluzione, anche non l’unica ipotizzabile, è quella da privilegiare. I suoi interlocutori sono gli altri giuristi, o gli aspiranti tali: solo possedendo un linguaggio, quello giuridico, tecnico e rigoroso, è possibile ragionare in termini giuridici e insegnare come farlo, quantomeno per emulazione.
Questo dice il volume di Bin a chi non è ancora giurista, ma anche a chi vuole insegnare diritto. Nulla di rivoluzionario: del resto, secondo l’Autore, il ragionamento dei giuristi non è molto cambiato da Cicerone ad oggi. Se ciò è vero, l’atteggiamento verso le tecniche della didattica innovativa (didattica cooperativa, apprendimento peer to peer, flipped classroom …), o di quella che si giova di strumenti informatici, non può essere, razionalmente, né di aprioristico rifiuto, né di incondizionato accoglimento. Se l’obiettivo è formare giuristi, e ciò significa ragionare da giuristi, una certa tecnica didattica è utile nei limiti in cui è servente all’obiettivo. Nel contempo, la scelta di adottare una certa tecnica didattica non è neutra rispetto alla concezione di diritto e di scienza giuridica che si intende diffondere e, dunque, in ultima analisi, rispetto al giurista che si intende formare.