Francesca Marinelli
Professoressa associata di Diritto del lavoro, Università degli Studi di Milano Statale
17 maggio 2022
In un mondo costantemente in divenire, le domande che si pone in questo libro Biesta (uno dei massimi esperti contemporanei di teoria e filosofia dell’educazione) non sono per niente banali.
La prima questione su cui l’Autore si interroga è cosa vuol dire insegnare oggi; in secondo luogo Biesta si chiede se occorra davvero – come in molti credono – procedere ad un ripensamento radicale dell’esperienza formativa.
Le risposte di Biesta sono tutt’altro che banali.
Alla prima domanda l’Autore risponde notando come nella c.d. società dell’impulso in cui ci troviamo a vivere (interessata com’è non alla nostra maturità ma, al contrario, alla moltiplicazione dei nostri desideri per indurci a comprare di più), appaia indispensabile valorizzare l’insegnamento non solo e non tanto in quanto strumento principe per l’apprendimento delle nozioni (ruolo a cui in molti oggi sembrano tentare di relegarlo), quanto, piuttosto, per la sua funzione sociale. In particolare, per Biesta insegnare significa (oggi più che mai) assumersi la responsabilità di “suscitare in un altro essere umano il desiderio di voler esistere nel mondo in modo adulto”.
Alla seconda domanda relativa all’esigenza di rivedere in toto le metodologie didattiche, l’Autore risponde contestando la tesi – oggi a dire il vero molto in voga -, secondo la quale sarebbe da ritenere obsoleto il modello tradizionale di insegnamento per così dire “passivo”, id est: insegnante che parla e studenti che ascoltano. A riprova di questo Biesta ricorda come alcune delle forme di “educazione contemporanea” più apprezzate dal pubblico siano i tutorial e i podcast e, cioè, strumenti che si basano proprio su un modello passivo di insegnamento.
Infine, l’Autore conclude con una notazione tutt’altro che scontata e, cioè, che l’educazione si trasmette anche per mezzo dell’ambiente.
Alla luce di quanto detto, qual è dunque il messaggio che il libro ci offre?
Senz’altro il pensiero di Biesta è che l’insegnamento, a qualunque livello erogato se, da un lato, non può prescindere dal modello tradizionale di apprendimento passivo, dall’altro non può essere utilizzato come mero strumento di trasmissione di nozioni. Quanto alla considerazione di Biesta circa il fatto che l’esperienza formativa passi (non solo ma anche) dall’ambiente, essa ci induce a concludere che la DAD, per funzionare efficacemente, dovrebbe, probabilmente, mantenere una funzione ancillare (non sostitutiva) rispetto alla didattica in presenza.