P. Mastrocola, L. Ricolfi, Il danno scolastico, La nave di Teseo, 2021, pp. 11-270

Francesca Marinelli

Professoressa associata di Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Milano Statale

Il libro di Mastrocola e Ricolfi affronta un tema assai spinoso: il decadimento del sistema di istruzione italiano. 

L’amara constatazione è che oggi i professori universitari si trovano sempre più spesso davanti ad un pubblico di studenti in larga maggioranza non solo impreparato ma, addirittura, incapace di apprendere nozioni complesse. 

Tra le numerose domande che si pongono gli autori le più rilevanti sono, ad avviso di chi scrive, due e, cioè: chi sono i responsabili di questo decadimento e se l’Università di oggi può porvi in qualche modo rimedio.

La tesi del libro è che la colpa sia principalmente da attribuire alle riforme del sistema scolastico degli ultimi decenni che, trincerandosi dietro gli innovativi concetti di stampo europeo di “scuola inclusiva” e di “diritto al successo formativo” (entrambi chiaramente volti ad alzare il più possibile i livelli medi di istruzione formale) hanno finito per abbassare enormemente gli standard non solo concernenti l’offerta formativa, ma anche di risultato.

Quanto al ruolo rimediale che l’Università può svolgere, purtroppo, per gli autori, esso appare minimo per almeno due ordini di ragioni. 

A ostacolare la possibilità di colmare durante gli studi universitari le lacune scolastiche sarebbe, in primis, l’esistenza del c.d. “periodo critico” (presente, secondo gli scienziati, in tutti gli esseri viventi), in base al quale alcune capacità, se non apprese in un determinato periodo c.d. “finestra”, non possono più essere sviluppate.  

La seconda ragione appare strettamente connessa al nostro attuale sistema di valutazione dei docenti universitari: poiché, come noto, esso si basa principalmente sulle attività di ricerca e solo in minima parte sulle performance didattiche, è chiaro che, nell’attuale periodo storico, nessun docente può “permettersi il lusso” di dedicare agli studenti molto più del tempo strettamente imposto dalla legge e dai regolamenti d’Ateneo.

Stando così le cose non vi è chi non veda come, essendo pressocché impossibile (almeno allo stato attuale della scienza)  pensare di intervenire sui limiti biologici di apprendimento degli esseri umani, l’urgenza, in siffatto sconfortante quadro, sia inevitabilmente quella di riformare, e di gran corsa, sia il sistema scolastico che quello universitario.

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